da dave » dom nov 01, 2009 5:05 pm
Riguardo al fatto di camorra di Napoli, con l'inquietante video annesso, ecco un bellissimo articolo di Saviano, da sottoscrivere nella sua completezza.
L'assassino ha un nome, ma è fuggito. La camorra ha imposto l'indifferenza
Ma a qualcosa è servito: il killer che si credeva impunito ora è in fuga
Il filmato-shock sconvolge il mondo
i vicoli restano indifferenti
di ROBERTO SAVIANO
Il killer è stato identificato. Diffondere il video è servito. Un omicidio rubricato nelle ultime pagine dei giornali locali quando è stato commesso, grazie al video diventa in mezzo mondo notizia da prima pagina, da aperture dei telegiornali. Il killer che credeva di averla scampata, come avviene per la parte maggiore delle esecuzioni di camorra, invece si trova ora a dover scappare.
Il paese si sconvolge, i giornali stranieri si domandano com'è possibile, qualche politico provocato dalle agenzie di stampa rilascia dichiarazioni. Ma a Napoli tutto sommato non accade molto. È arrivata la soffiata, non si sa bene come. Del resto i clan stessi non avevano piacere di questa nuova luce mediatica, e sono ben felici di poterla far spegnere subito. Però non sono arrivate denunce. Il quartiere non si è ribellato. Quelle immagini sono state una ferita solo per alcuni. A molti napoletani anzi ha dato fastidio quello sgomento del resto d'Italia, sentirsi addosso gli occhi sgranati che guardavano quel video. Scandalizzati davanti a una cosa che accade continuamente, che fa parte della quotidianità con cui loro devono convivere.
Vengono in mente le parole di un monologo capolavoro di Eduardo De Filippo, recitato in uno sceneggiato televisivo, "Peppino Girella", del 1963. La moglie di Andrea, il personaggio interpretato da Eduardo, risponde dinanzi ad ogni tragedia: "È cos'e nient" - è cosa da niente. È la voce classica di Napoli, di quel buon senso che fa accettare tutto e che è la forma di massima difesa e indolenza verso qualsiasi cambiamento. "Che vuoi fare: è cos'e nient", dice la moglie. E Eduardo risponde: "Pure questa è cos'e nient. È sempre cos'e nient. Tutte le situazioni le abbiamo sempre così risolte. È cos'e nient. Non teniamo che mangiare: è cos'e nient. Ci manca il necessario: è cos'e nient. Il padrone muore e io perdo il posto: è cos'e nient. Ci negano il diritto della vita: è cos'e nient'. Ci tolgono l'aria: è cos'è nient, che vvuò fa. Sempre cos'e nient. Quanto sei bella. Quanto eri bella. E guarda a me, guarda cosa sono diventato. A furia di dire è cos'e nient siamo diventati cos'e nient io e te. Chi ruba lavoro è come se rubasse danaro. Ma se onestamente non si può vivere, dimmi, dimmi "vabbuò è cos'e nient. Non piangere è cos'e niente. Se io esco e uccido a qualcuno è cos'e nient. E se io impazzisco e finisco al manicomio e ti chiedono perché vostro marito è impazzito tu devi dire: è impazzito per niente. È cos'e nient. È niente".
Quando in fondo non si può fare niente, tutto si riduce ad una logica di guardie e ladri, dove ciascuno fa quel che gli tocca, rispettando il proprio ruolo, senza illudersi che si possa andare oltre. Senza credere o richiedere che sia dallo stesso territorio che possa venire una richiesta di cambiamento. I camorristi fanno i camorristi, le forze dell'ordine fanno le forze dell'ordine, la popolazione fa esattamente ciò che si vede in quel video: ci convive, ci passa accanto per proteggersi. L'indifferenza è il rovescio della paura, istinto di autoconservazione non solo fisica. Non si può pretendere che chi ha solo quello per preservare una dimensione vivibile del proprio quotidiano, se ne privi senza che un segno forte di volontà di smantellare i meccanismi che lo avvelenano sia arrivato dal di fuori.
A Napoli si vendicano colpe commesse 10 anni, 15 anni fa: Mariano Bacioterracino viene ammazzato per uno di quegli omicidi, l'uccisione di Gennaro Moccia, che non si dimenticano anche se è passato un decennio. Semmai non ci si aspettava che sarebbe arrivata così tardi la vendetta. Ma qui tutto ha tempi lenti. Bacioterracino, come Giuseppe Setola, come forse anche il killer di Bacioterracino, sono tutti membri di camorra che la giustizia conosceva benissimo. Però i tempi dei processi li hanno rimessi in libertà, o sono stati errori di forma che hanno ridato questi uomini ai clan. I tribunali ti condannano con ritardo incredibile. È come se un bambino rompesse un lampadario e il padre gli desse uno schiaffo trent'anni dopo.
Ma mentre i tribunali sono distratti, la memoria della camorra è lunga e inesorabile. E quindi se non esistono garanzie di incolumità né nello spazio né nel tempo, diventa assai difficile sottrarsi alla percezione del pericolo continuo, dell'assedio. Persino chi è direttamente colpito sembra ormai rassegnato. "Uccidono tanta gente, hanno ucciso anche mio marito. Qual è il problema?", risponde la moglie di Bacioterracino alla domanda di un giornalista. Infastidita che qualcuno le faccia una domanda sull'esecuzione, le chieda cosa prova. Non vuole neanche partecipare all'appello per identificare il killer. "Io non chiedo niente, se lo vogliono dire, lo dicono loro. Come faccio a chiederlo?".
Quando si muore a Napoli, chiunque sia stato sui luoghi di morte sa che, a seconda di come reagiscono i familiari, dinanzi al cadavere si può capire molto. I familiari degli innocenti non sanno come reagire. Non riescono a credere che sia toccato proprio a loro. Restano increduli, pietrificati dall'orrore. Diversa è la reazione di chi quel genere di morte l'ha già messa in conto. Chi inizia a urlare, a strapparsi i capelli in un dolore da prefica, che seppur reale deve però celebrarsi in uno strazio per segnalare a chi ha ucciso: fermatevi. Questo è il massimo dolore possibile. Se hanno ammazzato il marito e l'hanno fatto in maniera pulita, c'è quasi da ringraziare. Non si toccheranno i parenti e non hanno fatto carneficine. Non è neanche arrabbiata la vedova: "E con chi devo essere arrabbiata? Non posso essere arrabbiata. Posso solo pregare per loro e basta. Come prego per mio marito, prego per loro. Io sono cattolica, vado in chiesa". Sembra essere tornati a vent'anni fa. Ci si giustifica dietro il dichiararsi religiosi come se la religione imponesse la rassegnazione, e il conforto dovesse coincidere con la resa.
Questo video ha fatto emergere tutte le contraddizioni del Paese. Ha avuto tutta l'attenzione mediatica, ma un'altra volta non ha suscitato il minimo dibattito politico. La criminalità fa notizia e fa scandalo, ancora più quando passa per un filmato vero, ma tutto questo rischia di rimanere fumo negli occhi se nessuno vuole affrontare i suoi risvolti meno crudeli e spettacolari che non sono soltanto di ordine pubblico. La politica non intende interrogarsi su se stessa e sui meccanismi che tengono in ostaggio almeno un terzo del Paese. Allora l'esecuzione in diretta mandata in onda serve a poco. Se non vuole rinnovarsi, prendendosi il rischio di dare spazio a quegli esponenti che a Sud non hanno mai smesso di avversare i poteri criminali e le loro coperture, come si fa a pretendere un cambiamento culturale? Come si fa a immaginare lo sgretolamento di quell'omertà che sembra tipica soltanto della gente del Meridione, quando il disinteresse della politica nazionale non fa altro che farle da eco e a darle ragione?
Omertà non è più soltanto tacere. Ormai è chiaro che omertà è soprattutto non voler sapere. Non sapere, non conoscere, non capire, non prendere posizione, non prendere parte. Questa è la nuova omertà. E con Eduardo De Filippo viene voglia di imprecare le sue frasi. Ci tolgono l'aria, ci negano il diritto alla vita, e noi a forza di ignorare e considerarla cosa da niente, diventiamo tutti niente.
© 2009 Roberto Saviano. Published by arrangement
with Roberto Santachiar a Literary Agency